Parlare di calcio in casa Genoa, oggi, è particolarmente difficile, un po’ come parlare della corda in casa dell’inpiccato.
Ma il campionato va avanti e noi dobbiamo vivere e sentirci vivi.
Maran si ritrova senza cinque titolari, Zappacosta, Pellegrini, Lerager, Zajc e Pjaca, ai quali si aggiungono la perenne assenza di Sturaro e la follia del caso Schöne.
Pesca quindi il giovane Rovella, riesuma Radovanovic, lancia Czyborra a sinistra e Bani centrale.
E parte con Shomurodov sperando, per lui, che ricalchi le orme di Piatek e, per la società, che diventi così una plusvalenza sana o, almeno, asintomatica.
La partita, di sicuro, non verrà ricordata come tra le più belle del campionato e, francamente, non sarebbe potuto essere altrimenti.
Il Genoa si chiude e il Verona,senza le geometrie di Amrabat, è un’altra cosa.
Pandev spreca malamente una grande occasione e Perin chiude la porta.
Alla fine lasciamo al Verona quasi il 60% di possesso palla, 14 corner e 10 dieci tiri nello specchio.
Però il Genoa sa soffrire, corre, lotta, nessuno si tira indietro e merita il pareggio.
E poi noi siamo Genoani non siamo un prodotto di laboratorio di questo calcio.
Ci contraddistingue quell’amore e quella passione che, a volte, ci fa esprimere giudizi non sempre obiettivi.
Ma, indipendentemente dall’emergenza sanitaria, questo 352 non può essere il Genoa di Maran.
Non avrebbe avuto senso ingaggiarlo, non avrebbe avuto senso l’acquisto di due terzini e un trequartista per impiegarli in ruoli diversi da quelli nei quali si possono esprimere al meglio.
La mia sensazione è che il mister sia ancora alla ricerca di un’identità precisa da dare a questa squadra e che il covid abbia ulteriormente complicato e allungato i tempi.
Costringendolo ad un modulo che non ha nulla a che vedere con la sua storia calcistica.
Ne’, tantomeno, con lo spettacolo in campo.
Buon lavoro Rolando, i Genoani sono con te.
Leave a Reply