UNA FEDE, UN MITO.UN AMORE INFINITO.

Con il nostro “poeta maledetto” GLT

La prima bandiera del Genoa la ricevetti a 4 anni, era il 1970.

Sventolava bella e fiera sul balcone di un palazzone a Bolzaneto.
Me lo ricordo bene perché, nel giro di poco, ci trasferimmo a vivere a Quarto

Gli anni a seguire andavo al “campo” col mio papà, così lo chiamava lui, con la 500 di mia mamma.

Ed io ero felicissimo perché potevo sventolare la mia bandiera fuori dal tettuccio della macchina.

Distinti alti se era bello.
Bassi se pioveva.
Sempre, non vedevo l’ora.

Ricordo i derby.di allora.

Io in piedi che gridavo al povero Gorin di spaccare le gambe a Chiorri, il ” marziano”, un giocatore fortissimo, il giocatore che ho sempre temuto di più.
Più di Vialli e Mancini.

Mio padre si vergognava come un ladro ma, sono certo che, in cuor suo, fosse felice.
La Genoanita’ era stata tramandata.
E nulla al mondo l’avrebbe potuta neanche scalfire.

Ricordo una trasferta a San Siro contro il Milan,l’anno in cui si ruppe il gemellaggio.
All’epoca, nel terzo anello, non c’erano barriere protettive e si poteva andare liberamente dalla curva sud alla nord.
Mio padre mi nascose la sciarpa sotto la giacca e mi si pose davanti come scudo protettivo.

Quello che, molto anni dopo, avrei fatto io nei suoi confronti come a Spezia in quella famosa amichevole andata sospesa.

Ma io e lui eravamo una cosa sola.
E lassù in cielo, con lui, c’è una parte di me.

Il sogno di ogni ragazzo era quello di andare nella Nord a cantare a squarciagola.

Lo realizzai

La tessera della Fossa col Tao rossoblu.
La maglietta col teschio e le tibie incrociate.

Quella che con altri amici, indossammo un sabato sera a Rimini la notte prima di quel famoso Cesena Genoa in cui ci giocavamo la possibilità di salire in serie A.

Non si sa mai, magari, prima della partita, becchiamo un po’ di figa alla Baia Imperiale.

Nulla di tutto questo.
Ci evitarono tutte come se, già allora, esistesse il covid.
E, francamente, era fin troppo ovvio.
Dormimmo , se così può dire, in spiaggia avvolti nelle nostre bandiere.

Per la cronaca perdemmo 3-0 e addio sogni di gloria.

Sogni, come sempre, bruciati in un bar della stazione o in un autogrill su qualche tratta autostradale.

Vennero poi le prime trasferte Europee, il massimo che ho vissuto nella mia vita Genoana, al di là dei risultati.

E il grido “Genoa Genoa”che si alzava alto nei cieli d’Europa con la gente negli altri settori che ci guardava allibita.

Oviedo, le tortillas, i bomberos volontarios, i loro pompieri.
E quel record:
Il Genoa è la squadra che ha portato il maggior numero di tifosi in trasferta al primo turno di una partita europea.

Poi Bucarest, Amsterdam l’illusione al gol di Iorio.

Liverpool la vidi a casa, a letto ammalato.

Ci sono voluti 17 anni per tornare a respirare il profumo d’Europa, al Fiona park di Odense un gioiellino di stadio immerso in una specie di parco verde.

E poi Praga, città meravigliosa.

Partii col primo aereo, quello rosso, quello degli ultrà.
Arrivammo al mattino presto, faceva freddo e ci fermammo a mangiare il celeberrimo prosciutto in una piazza con dei chioschi che facevano girare il grill.

Intorno a noi una moltitudine di mendicanti che però, nel loro stato di massima indigenza, riuscivano a mantenere una dignità strabiliante.

Non ci chiesero niente.

Aspettavano solo che finissimo di mangiare per nutrirsi coi nostri scarti.

Io, Marco, Fabrizio organizzammo una piccola colletta e gli comprano da mangiare.

Perché essere ultrà è anche e soprattutto questo.

Mi mancano Lille e Valencia, impegni improrogabili di lavoro mi impedirono di andare.

Ma per me, il Genoa non è solo questo.

Il Genoa mi ha cambiato completamente la vita.

Infatti, in una trasferta a Catania, mi sono fidanzato con quella che è la mia attuale compagna, la madre di mia figlia.

Alla quale sto tramandano la Genoanita’ esattamente come mio padre fece con me 50 anni fa.

Spesso mi capita di pensare se questa sia la cosa giusta.

E, alla fine, la risposta è sempre la stessa:

si, lo è, non potrà mai essere diverso.

Perche’ finché esisterà un solo Genoano, esisterà il Genoa.

Perché questo il segreto della nostra immortalità.

Forza Genoa.

“GLT”: il poeta maledetto di Futbolmarket

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